
Sempre più in alto i Vinili in Italia
Il business della nostalgia: il disco in vinile vale il 9% del mercato italiano
Il disco in vinile è un modo diverso di vivere la musica. Che snobba l’offerta sovrabbondante di internet, ignora la gloria effimera del compact disc, non si addentra nella complessità di hard disk e mp3. Nei primi sei mesi del 2017, 33 e 45 giri hanno fatturato il 9% del mercato discografico italiano (circa 5,3 milioni di euro, una crescita del 44% rispetto allo scorso anno), mentre a livello globale, si prevedono circa 40 milioni di copie vendute nel 2017.
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Uguali ma diversi
I dischi attuali non sono uguali a quelli di una volta, spesso – specie nelle stampe italiane – sottili e già un po’ sbilenchi, carichi di elettricità statica, con orribili buste interne bianche dove l’edizione originale aveva foto, testi, grafiche. Il vinile del terzo millennio è sempre vergine e di sostanza (il peso forma è 180 grammi), con copertine apribili, grafica curatissima, sontuosi libretti. Spesso il disco è doppio, quando una volta sarebbe stato comodamente in un singolo ellepì; un po’ è colpa del compact disc, che ha allungato la durata media degli album oltre i canonici 40-45 minuti del vinile.
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Un rito che si ripete
Il rito è sempre lo stesso, vecchio di decenni: si sceglie il disco, lo si sfila fuori dalla copertina, si fa scivolare lo sguardo sui solchi neri. Quindi si appoggia con cautela il vinile sul piatto, si solleva la puntina, si sposta il braccio e via. Il 33 giri ha ritmi lenti: venti, venticinque minuti di canzoni, poi il silenzio; si cambia facciata e si comincia di nuovo. E così un limite della tecnologia diventa lo spunto per uno scatto creativo: sulla divisione tra le due facciate giocheranno Bob Dylan, i Beatles, i Queen; Brian Eno ci costruirà Before And After Science (da poco rimasterizzato), i Rem Fables Of The Reconstruction, che diventa Reconstruction Of The Fables.
Estratto da
Bruno Ruffilli – lastampa.it – 23/10/2017
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